
pp. 230 – La Nuova Italia – Firenze 1992
- ESAURITO -
Padre della pedagogia moderna perché padre del pensiero libertario moderno. Willian Godwin è scrittore di una linearità impressionante, senza mezzi termini. “La verità – egli scrive – ben difficilmente può essere raggiunta in aule affollate e in mezzo a chiassosi dibattiti”, mettendo così in guardi contro i grandi oratori della Rivoluzione francese che tanto affascinavano ai suoi tempi e che finivano, in questo modo, per preparare la ghigliottina.
Non che Godwin fosse un flemmatico inglese intellettuale e basta, anzi lottò tutta la vita contro le storture sociali dei suoi tempi, ma odiava i tribuni, di qualsiasi coloritura questi riuscissero ad agghindare i propri discorsi. Egli aveva una grande fede nell’individuo e nelle sue possibilità di sviluppare la ragione e la naturale benevolenza della specie, in modo da riuscire a vivere senza bisogno delle leggi e del governo.
Uno dei massimi pensatori dell’anarchismo.
Chi crede nel dogma lo fa per debolezza, non per fermezza. Solo chi è fermo sulle proprie gambe può guardare in faccia la possibile sconfitta, non ha necessità di garantirsi, come che sia, a priori, la vittoria. La persuasione, che dovrebbe essere una forma particolarmente dolce di prevalenza è certo convincimento intimo, pressione sulla coscienza. Chi la persegue finisce per strutturarsi comportamenti adeguati, finisce per dare l’esempio. È uno dei limiti più clamorosi della pedagogia libertaria, la quale scegliendo questa strada si trova esposta a tutti i rischi del tartufismo del discente. Godwin illustra bene questo limite. Il percorso è difficile, quindi pretesti per fuggire se ne trovano sempre. Uno, efficiente come mai, è quello di interessarsi agli altri uomini, allontanandosi dalla realtà comune a tutti, privilegiando un’immagine di superiorità che non può non risultare dogmatica. Può essere volontà di dominio, o semplice desiderio di realizzarsi attraverso il bene, ma sono comunque tecniche di fuga. Il desiderio di prevalere sugli altri, anche attraverso la bontà, la tolleranza, il servigio e l’assistenza, è sempre una prospettiva di conquista, perciò di paura.