Ebrei in Germania fra assimilazione e antisemitismo

Gorge L. Mosse
pp. 274 – Giuntina – Firenze 1991
- ESAURITO -

Uno studio approfondito sulla psicologia degli ebrei tedeschi in Germania negli anni precedenti all’olocausto, posti di fronte al problema dell’assimilazione in una società di cui si sentivano parte attiva ma di cui avvertivano una estraneità radicale.

L’alternativa era quella di essere considerati definitivamente “diversi”, quindi di essere dapprima emarginati e poi, ma questo non era ancora chiaro in dettaglio, distrutti fisicamente fino all’ultimo, oppure di abbandonare la propria identità religiosa e culturale, la propria vita del ghetto.
Ci fu questa tentata simbiosi ebraico-tedesca ed è chiara prima di tutto nel culto della virilità perseguito parallelamente dall’ebraismo tedesco e dalle nascenti forze nazionalsocialiste. In fondo è l’idea greca che rivive attraverso la costruzione del nuovo modello tedesco di giovane forte e pronto ad affrontare le sfide del futuro.

Un’attitudine in fondo infantile, a volte affascinante, altre volte irritante, in genere indicazione di non sapere affrontare la vita, di essere preoccupati per la perdita del proprio possesso, una sorta di schiavitù sensuale del piacere accompagnata dalla incapacità di una vera soddisfazione. L’esercizio muscolare bruto si accompagna ad aspetti disseccati propri dell’egocentrismo, anche la miseria e la paura, aspetti che sembrerebbero lontani e contraddittori.

Ogni genere di assimilazione o di integrazione avviene solo perché si crede in ideali comuni, come apparirà chiaro in seguito, in tutta la storia moderna dello Stato israeliano.