Il demone dell'assurdo

Rachilde
pp. 86 – Studio Tesi – Pordenone 1993
Prezzo di copertina € 13,00
Nostro prezzo € 6,50

Di questa prolifica scrittrice francese è rimasto ben poco, penalizzata non solo da uno stile che oggi può risultare datato, mentre è soltanto legato alle condizioni sociali e culturali di un’epoca lontana dalla nostra, ma anche da una tematica che è tornata solo di recente alla ribalta letteraria dei nostri tempi. Oggi si parla addirittura di una “rinascita” di Rachilde.

Ma tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento questo personaggio era dominante nei salotti letterari e nelle riviste che facevano critica d’arte in Francia. In fondo, sebbene a livelli più modesti, ogni grande città della fine dell’Ottocento aveva la sua “Ninfa egeria”. L’assurdo non è solo una parte del titolo di questo libro, ma è il tema principale della sua produzione. Se la realtà ci opprime è perché la realtà è oppressiva così come è stata costruita, come l’abbiamo costruita.

Fuggire da questa realtà è entrare nel sogno, così come voleva Carlo Emilio Gadda: “Ho avuto un sogno spaventoso. Un sogno strisciatomi verso il cuore come insidia di serpe. Nero. Era notte, forse tarda sera, ma una sera spaventosa, eterna, in cui non era più possibile ricostituire il tempo degli atti possibili, né cancellare la disperazione né il rimorso. Gli anni erano finiti. Tutte le anime erano lontane come frantumi di mondi, perse all’amore. Questo sogno mi suggerisce qualcosa ma se ci penso mi vengono in mente solo il riserbo e la pavidità di un grasso benestante. Non voglio scartare l’indicazione, che di questo si tratta, solo per via del grasso e del benessere che sottende, ma una paura divorante non si collega bene con lo slancio e il rischio. Bisognerebbe approfondire”.
Rachilde realizza questo procedimento fino in fondo, fino all’incredibile e all’assurdo, per come attesta Marcel Schwob nella Prefazione.

L’ideologia dell’epoca di Rachide vedeva la donna ancora con gli occhi di Hegel. Per questo filosofo l’essere donna non è riconosciuto come condizione umana poiché dipende da un principio divino il quale si incarna in una essenza immutabile. Fornendo alla differenza sessuale una sostanza catacombale egli non riconosce l’origine umana dell’oppressione della donna. Così l’inferiorità della donna non fa parte della storia di classe ma è condizione immutabile. Soffermandosi sulla divisione tra spazio domestico e spazio pubblico, divisione tra due razionalità, una tesa verso l’autonomia e l’attività universale, l’altra chiusa nella passività e nella individualità concreta, una indirizzata verso lo Stato, la scienza e il lavoro, l’altra rivolta alla famiglia e alla creazione della moralità, egli abolisce ogni rapporto fondato sulla eguaglianza tra i sessi. La donna può essere solo figlia, sposa, madre e sorella, dove solo questa ultima relazione è paritaria nei confronti dell’uomo. Rachilde fu l’esatto contrario, e in questa direzione lottò per tutta la vita.