
pp. 302 - Ibis - Como-Pavia 1991
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Resoconto di un viaggio di emigranti. Un bastimento, di quelli di fine Ottocento, in viaggio da Genova a Montevideo. A bordo non un qualsiasi giornalista, ma un grande scrittore: De Amicis. Quello che viene scritto non è pertanto un reportage ma un romanzo, un grande, misconosciuto, romanzo.
Un racconto corale che se, a volte, si sminuzza in bozzetti e ritratti di maniera, riesce a fornire un quadro complessivo della sofferenza e della sorte di un migliaio di poveri contadini e operai ridotti alla miseria assoluta da una dissennata politica di fame e di oppressione, avanguardia di quelle centinaia di migliaia che seguiranno nei decenni successivi all’inizio del secolo scorso.
L’autore descrive con partecipazione e dolore l’ambiente in cui questi poveri vengono ammassati per essere letteralmente scaricati sull’altra riva dell’oceano, il rapporto con il mare, costante motivo di riflessione sulla sempre maggior lontananza di quello che si è abbandonato, comprese miserie e umiliazioni, e il più veloce approssimarsi dell’incognito, che si spera portatore di benessere e di tranquillità.
La vita e la morte, le nascite a bordo, e i cadaveri seppelliti con toccante cerimonia funebre in mare, e il lavoro dei marinai e la guida sapiente del capitano, un insieme che comprende anche la remota distanza dei viaggiatori di prima classe, rappresentanti di una categoria di persone che mai come in quell’epoca era lontana da tutto un mondo infero che pure stava loro sotto i piedi, in fondo ai ponti di poppa, in cuccette a sei e sette piani, in un puzzo ineliminabile di putrefazione in corso.
Eppure, anche in queste condizioni, De Amicis registra la forza degli ultimi, la loro speranza che illumina a tratti i loro occhi, e finanche piccole scintille di amore e di dedizione, di sacrificio e di sogno.
Sullo sfondo il mare: il mare in tempesta e il placido mare che sembra non finire mai.