Il Rinascimento

Walter Pater
pp. 238 - Abscondita - Milano 2000
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I giardini artistici del Rinascimento vennero spazzati via da un equivoco e nessuno pianse l'Eden perduto se non pochi letterati rinchiusi nelle accademie. Gli aghi del pino parlano rispondendo nell’assemblea della foresta. Certo, è dolce piangere sulle verdi ombre perdute, ma anche disagevole, meglio cercare di ricostruire altrove la propria sicurezza. In fondo l'approfondimento è anche una risalita, come qualsiasi andare avanti è anche un tornare indietro, una volta che si cercano le condizioni che rendono possibile il movimento, condizioni che non sono vere e proprie cause nel senso classico del termine.

Pater era da questo vicolo cieco, afferma coraggiosamente che “vedere l’oggetto come è realmente in stesso, è il fine di ogni vera critica”. Ciò è una sorta di unità di misura per incamminarsi verso una visione complessiva di quell’incredibile periodo che viene definito Rinascimento. Prima di tutto l’Italia del Quattrocento, che raccoglie il massimo livello di interesse per tutti coloro che si indirizzano vero suna comprensione della Rinascenza.

Per reperire senso, la forza indagativa deve cogliere un punto di riferimento fuori di un mondo contraddittorio – come fu il Rinascimento – comunque destinato a muoversi secondo regole non facili a sfuggire all'assurdo, condizioni di servitù assoluta che dureranno, necessarie, fino alla rivoluzione francese.

E così il pensiero, viaggiatore del fondo, riassorbendo lo stimolo naturalistico del Rinascimento, ridiventa centro esso stesso, ma col punto di forza, con la base ancora all'esterno, ancora in Dio. L'oggetto della filosofia si muove, alternativamente, dalla indagine con mezzi prevalentemente soggettivi a quella con mezzi oggettivi. Ora sono i sensi a perdere davanti al criterio della intuizione, ora è il contrario. Ora è l’uomo che torna a porsi al centro della realtà riassorbendo nella natura Dio, e essendo egli il centro e l'espressione più alta dell’evoluzione naturale. Di che parlerà allora la filosofia? La materia doveva, in un modo o nell'altro, staccarsi dal soggetto e da Dio, doveva prodursi un mondo armonico in cui il destino fosse riconducibile alle profonde trasformazioni che si andavano producendo. La sabbia impara a ricoprire il volto dei ricordi. Superfici levigate, colori profondi, misure compositive. Dalla negazione mistica della materia, cioè dal più estremo soggettivismo, si arriva alla indicazione dei limiti dell’appropriazione, limiti che sono nella coscienza, la quale in base alle sue sole forze non può cogliere il mondo superiore ai suoi sensi semplicemente raccogliendo alcuni pezzi sparsi.

Il libro di Pater non è dato, come potrebbe sembrare a prima vista, in quanto non ha paura di gettare lo sguardo nel futuro. Il problema è leggerlo oggi, quando in molti casi di fronte all’orrore resta solo l’oblio, la dimenticanza, il non volere più aprire gli occhi per non vedere il mondo. Il risultato, a volte spregevole, è la bellezza addormentata, una cristallizzazione priva di impegno che abbraccia quel poco di positivo che semplice mestiere non manca mai di dare.