La laguna

Janet Frame
pp. 112 - Fazi editore - Roma 1991
Prezzo di copertina € 8,26
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La vita difficile di questa grande scrittrice neozelandese è contrassegnata da una infanzia ancora più difficile: il mare vi gioca un ruolo essenziale, due sorelle morte per annegamento. Ne deriva un terribile ricovero in clinica psichiatrica con la diagnosi di schizofrenia, da cui si salva solo dopo nove anni di sofferenza. Povertà è la costante della sua infanzia, con una serie di spostamenti del padre, lavoratore nella costruzione delle nuove linee ferroviarie.

La scrittura è il suo unico appiglio per trarsi fuori dal pantano che gli sta costante davanti agli occhi. Una scrittura minuta, perfetta nella descrizione di microcosmi che rimangono impressi con potente penetrazione.

«La laguna – lei scrive – dove con la bassa marea tutta l’acqua è risucchiata nel porto, e la laguna non c’è più. C’è solo una distesa di sabbia, grigia e sporca, ombreggiata di pozze scure d’acqua di mare, dove se sei fortunato puoi trovare un polipo neonato, la carcassa arancione screziata di un granchio, o il relitto sommerso di una barchetta giocattolo. C’è un ponte sulla laguna, e da lì, riflessa nelle pozze d’acqua, puoi vedere la tua immagine, intrappolata da piccole onde e stralci di nuvola. A volte la notte si vede anche una luna subacquea, velata e segreta.
«Come mi diceva la mia nonna di Picton, la nonna che tagliava i tralci del sottobosco, che sapeva trovare la felce a rene e si scavava sentieri nel fitto della macchia. Quando morì tutti i maori del villaggio vennero al funerale, perché era amica dei maori, sua madre era stata una principessa maori, bellissima, dicevano, fiera in amore e in guerra.
«Guarda la laguna, mi diceva. La laguna sporca, disseminata di tronchi galleggianti, di alghe e di chele di granchio. È sporca, sabbiosa, e puzza d’estate. Ricordo che facevamo balzare sassolini bianchi e tondi sul pelo dell’acqua, cercavamo pesciolini rossi nel fiumiciattolo, e costruivamo castelli di sabbia sulla riva».

Questo libro, il primo di una lunga serie, è un meraviglioso viaggio per bambini e per adulti, principalmente è una mappa per fuggire alle turpitudini della vita e per salvarsi dalla banalità quotidiana. L’incredibile ritrovato di questa scrittrice consiste proprio in questo, nello scavare fino in mondo nelle piccole cose non per dimostrarne l’assoluta ovvietà, ma per trovare una trama diversa. Mille facce così si sovrappongono l’una all’altra, le mille facce della realtà. Niente si trova alla fine di una stradina facile a percorrersi. La scorciatoia porta sempre in nessun luogo. E la Frame non suggerisce scorciatoie, al contrario indica un percorso in profondità, dove i resti di una sabbia grigia e sporca sono ancora là ad attendere.

E se un bambino chiede a Babbo Natale di lasciargli una tigre sotto l’albero? Scandalosa richiesta che mette in agitazione tutta la famiglia. E se lo Spirito 350 non vuole essere semplicemente un eone? Impensabile ribellione di qualcosa che volteggia alla ricerca di un nome, del proprio nome vero, diverso ovviamente da quello che aveva avuto in vita.