Detti e fatti dei Padri del deserto

pp. 284 – Rusconi – Milano 1994
- ESAURITI -

Quando Costantino consente l’accesso dei cristiani all’interno della sfera del potere ormai la trasformazione profonda del cristianesimo è un fatto acclarato, visibile a tutti.

Dell’antica povertà comunitaria resta ben poco, le grandi città, come Alessandria, diventate cristiane, con le centinaia di migliaia di abitanti, non potevano accettare né la cruna dell’ago né il cammello. Il decreto di Commodo: Christianoùs me éinai, i cristiani non siano, è ormai sostituito dal decreto di Costantino, sotto il segno della croce vincerò.

Eppure c’è un lampo nel deserto. Pochi uomini dissero cose dure assai, difficili da accettare, ma da qualcuno raccolte e studiate, fatte oggetto di riflessione pietosa e di sconvolgente illuminazione. Lógoi kaì érga, parole e detti, il deserto aveva assistito al loro venire alla luce. I profeti del passato, Elia in particolare, l’uomo infuocato, con la sua inaccessibile rudezza, tornavano a fare sentire la loro voce lontano dalle metropoli, lontano dalla civiltà, nel territorio della desolazione, dove il vento sposta le montagne.

Antonio il Grande, anacoreta, maestro egiziano che ipnotizzava i leoni. Arsenio il Romano, che mangiava mai. Macario il Grande, Evagrio il Pontico, Ilarione, Alonio, Sisoe, Poemen, ecc., ecc., tutti in continua lotta contro il corpo e tutte le morti che questo porta con sé, per diventare costantemente viventi con Dio nel silenzio.
La silloge è stata in gran parte tradotta in italiano da Cristina Campo.