Assemblee popolari e lotta politica nelle città dell'impero romano

Ariel Lewin
pp. 138 – Giuntina – Firenze 1995
-ESAURITO-

Quale la funzione pubblica delle elezioni nell’antico e nel tardo impero romano? Lo scontro delle diverse opinioni è qui tratteggiato per tutto il lungo corso del suo svolgimento. Dalla iniziale condanna di una reale competizione, riducendosi l’opinione dominante negli storici più vecchi ad una mera conferma delle decisioni dei ricchi e dei potenti, alla scoperta (corroborata dagli ultimi reperti archeologici pompeiani) di un ruolo attivo vero e proprio delle masse, che venivano, di volta in volta, sollecitate attraverso propaganda e regali vari a votare per questo o quell’uomo politico dominante o aspirante al dominio.

Scrive Heidegger: “Descartes, il primo pensatore della metafisica moderna, pone la questione dell’usus rectus rationis, cioè della facultatis iudicandi, vale a dire dell’uso retto della ragione, quindi della facoltà di giudicare. A questo punto già da lungo tempo l’essenza del dire e dell’asserire non è più il lógos greco, il fare apparire lo svelato. L’essenza del dire è il romano iudicium, ovvero il dire ciò che è retto, il cogliere il retto con sicurezza. La falsitas, ora, nel momento in cui tutto dipende dall’usus rectus rationis humanae, viene concepita come usus non rectus facultatis iudicandi. L’usus non rectus è l’error, l’errore, o meglio, l’errare e lo sbagliarsi vengono concepiti in base all’usus non rectus facultatis iudicandi. Il non vero è il falso nel senso dell’erroneo, cioè dell’uso non retto della ragione”. E i depositari della verità, in un modo o nell’altro, cioè o nella maggiore capacità delle masse di dire la loro, o nella logica della completa subordinazione, restano sempre i dominatori.