Mattia Cavadini
pp. 142 – Bompiani – Milano 1997
Prezzo di copertina € 12,40
Nostro prezzo € 6,20
La luce nera è quella che si irradia dai lavori di Manganelli, dove lo sforzo di capire alla fine fa correre il rischio di perdere la parte migliore di quello che lui stesso riesce a dire con la sua scrittura personalissima e inimitabile.
Questo libro si addentra in un’avventura che pensavo impossibile, dare conto di questo bisticcio, presente in alcuni casi in maniera pressante, in altri in maniera leggera, in tutte le opere di Giorgio Manganelli. Ma questa avventura è come una corda lanciata a chi segue nella scalata impossibile, come un tentativo di aiuto per chi viene dopo, altrimenti quello che leggiamo di Manganelli diventa qualcosa di lontano e spesso incomprensibile, in quanto fornisce una indicazione che spesso è semplicemente fuorviante.
Il coraggio dello scrittore, e in questo caso mi riferisco a quello di Manganelli, che è proprio di lui che dobbiamo parlare, non sta tanto nell’andare avanti nel territorio della scrittura, dove si può anche ipotizzare di restare imprigionati a causa di un miraggio più che a causa di un progetto o di un desiderio. Il coraggio consiste nell’andare avanti fino al salto nell’impensabile, nel riuscire a penetrarvi dentro, non nel restarci per sempre. La scrittura reale, diretta a cogliere la totalità comprende il bisogno di salvare le condizioni parziali della comprensione, perché sa che tra le due questioni c’è un filo comune, costituito dall’ineludibile dispiegamento del testo letterario. Con essa lo scrittore diventa non solo un ricercatore ma un creatore di incantesimi e di nascondimenti, un lavoratore del linguaggio capace di trovare la strada in un labirinto coperto dalle stratificazioni del senso, fino allo smantellamento di ogni difesa o custodia. Creatore della libertà come suprema tensione, ma anche sfinge impassibile di fronte alla parola che spalanca il suo territorio desolato davanti allo sprovveduto cercatore di fuoco. Da Manganelli non verrà mai una indicazione di arresto, di prudenza, di attenzione. Il suo linguaggio è sempre polivalente, almeno doppio, quando non può fare di più e le condizioni complessive lo legano fortemente al senso. Non è portatore di pace, ma di guerra, non di una guerra vittoriosa, ma di una guerra destinata alla sconfitta di ogni tentativo di capire (cioè di catturare), alla perdita personale e totale della comprensione.