[a cura di] Merry M. Pawlowski
pp. 274 – Selene edizioni – Milano 2004
- ESAURITO -
Studi recenti hanno modificato l’immagine di Virginia Woolf come una romanziera apolitica, lirica, moderna, una tormentata gentildonna presa nella morsa di una tempesta che in un certo senso passava sopra la sua testa e contro la quale faceva poi sforzi.
Maria Antonietta Macciocchi ha detto che il fascismo aveva cercato di corrompere le donne, mettendole nella condizione di “voyeurs corrotti”, facendole entrare negli spazi per loro costruiti appositamente e dando l’impressione in questo modo di dare inizio alla loro liberazione. Questa tesi, molto più articolata e profonda, è la medesima della Woolf.
Questo libro parte dalla visione politica di Virginia Woolf, condivisa dalle femministe, per arrivare a discutere l’importanza della sua visione anticipatrice dei legami inestricabili tra potere e genere femminile e la sua consapevolezza del ruolo giocato dal fascismo e dal patriarcato nello stabilirli.
La prima parte del presente libro, dal titolo: Fascismo, storia e costruzione del genere, presenta quattro saggi che si completano a vicenda nel definire il pensiero della Woolf come opposizione femminista al dominio maschile e come revisione delle costruzioni maschili di femminilità nel corso di una lunga storia di misoginia patriarcale. Mentre la scrittrice formulava le sue critiche Herbert George Wells scriveva: “Il fascismo non è stato una cosa completamente cattiva”.
La seconda parte, dal titolo: Presagi di guerra: politica e romanzi, estetica e saggistica, approfondisce il problema del rapporto tra valore letterario ed estetico e realtà politica. Ripensando alle parole di David Herbert Lawrence: “Arte significa essersi liberati da tutti i toni predicatori: le cose così come sono: la frase bella per se stessa”, la Woolf si chiede se criticare la poesia fascista può considerarsi un semplice suonare il piffero per la rivoluzione. Conclude dicendo: “La poesia dovrebbe avere una madre oltre che un padre. La poesia fascista, c’è da temerlo, sarà un orrido piccolo aborto come quelli che si vedono nei contenitori di vetro nei musei delle città di provincia”.
La terza parte, dal titolo Voci contro la tirannia, pone in raffronto la Woolf con le tematiche sostenute da altre scrittrici, oppositrici o complici della tirannia. La tesi portante, specialmente diffusa in Germania e in Italia tra le due guerre, è quella del tradimento domestico derivante dalla smobilitazione, dalla disoccupazione e dalla competizione per i posti di lavoro.
In fondo si può concludere che Virginia Woolf si rivolge a tutti, uomini e donne, quando istruisce sulla necessità di opporsi all’oppressione.