Le carte parlanti

Pietro Aretino
pp. 428 – Sellerio – Palermo 2003

- ESAURITO -

L’Aretino fu quello che si dice un personaggio scomodo, ed è stato condannato, a partire dalla sua morte (1556), a una damnatio memoriae, che nei secoli lo ha tacciato come pornografo, autore osceno privo di qualità artistiche.

Da poco tempo, forse meno di vent’anni, c’è stata una specie di un’inversione di tendenza che, superando ogni barriera moralistica e ogni ipocrisia, ha recuperato l’opera di questo “grande critico del mondo” alla luce di un giudizio più equilibrato e più fondato sull’analisi dei testi.
Gli scritti erotici, ovviamente, costituiscono anche oggi la parte migliore della sua opera, insieme all’estesissimo epistolario, in quanto è proprio nell’approfondire la vita concretamente reale, non fantastica (malattia di qualsiasi letterato, ma non sua), che viene fuori la la maestria del suo lavoro.

Le carte parlanti trattano di un apparentemente innocuo passatempo, quello del gioco dei tarocchi. Ma non è così. L’opera si rivela, al lettore appena appena attento, una grandiosa macchina narrativa, che negli ultimi cinquant’anni ha sbalordito letterati entusiasti come Calvino o Sciascia.
In ogni caso, la lettura di un libro di Pietro Aretino non lascia mai indifferenti. Del soverchio ridere morì Margutte, non certamente l’Aretino.

L’erotismo, che è stato trasformato oggi in un’industria con catena di montaggio dalla pornografia a grande tiratura, diventando più preciso nei dettagli, nei suoi più minuti particolari, trova con sempre maggiore difficoltà la strada verso quei medesimi dettagli che se scoperti attraverso l’intelligenza dello scrittore possono suscitare ancora, e la susciteranno sempre, una intensità della lettura che nessuna tecnologia potrà appiattire.