Storia e coscienza di classe

György Lukács
pp. 420 – SugarCo – Milano 1991
- ESAURITO -
Questo “scandaloso” libro intende rimettere sulla testa, un’altra volta, la dialettica hegeliana che Marx aveva costretto a camminare “correttamente” sui propri piedi. Lo scandalo e il successivo ripudio del povero Lukács costretto dal dominio sovietico a dire ben altre cose (La distruzione della ragione – per altro in sé grandissimo libro – è più consona a quest’ottica obbediente) era determinato da una sorta di concomitanza storica (radicamento del potere sovietico ancora lontano) e da una sollecitazione a pensare con la propria testa che si può leggere fra le righe del libro. Il capitolo Legalità ed illegalità è fra i più incriminati, allo stesso modo della rivalutazione dell’eretica Rosa.

Ritornare sull’importanza di Hegel per Marx, apertamente denunciata nella Prefazione al Capitale dello stesso Marx, non era evidentemente salutare. Continua Marx: “Hegel si è posto dal punto di vista dell’economia politica moderna. Concepisce il lavoro come l’essenza, come l’essenza che si avvera dell’uomo, egli vede solo il lato positivo del lavoro, non quello negativo. Il lavoro è il divenire per sé dell’uomo nell’ambito dell’alienazione o come uomo alienato. Il solo lavoro che Hegel conosce e riconosce, è il lavoro astrattamente spirituale. Quindi quel che costituisce in generale l’essenza della filosofia, l’alienazione dell’uomo che conosce se stesso o la scienza che pensa se stessa alienata, Hegel concepisce come la sua essenza, e quindi può di fronte alla filosofia precedente ricapitolarne i diversi momenti e presentare la sua filosofia come la filosofia. Quello che gli altri filosofi hanno fatto, concepire i singoli momenti della natura e della vita umana come momenti dell’autocoscienza e più precisamente dell’autocoscienza astratta, Hegel lo fa in base al fare della filosofia, perciò la sua scienza è assoluta”. Marx scava nella filosofia hegeliana. I lettori degli Oekonomisch-philosophische Manuskripte e del Capitale sanno che questo scavo è continuo e non sempre benevolo, i sovietici quasi definitivamente al potere non potevano né volevano saperlo. Anche riguardo il lavoro, l’acutezza del politico e l’abilità del giornalista in Marx giocano a suo favore per impedirgli una soluzione banalmente e realmente socialista.

L’ortodossia si può leggere invece in Engels: “Le leggi della dialettica vengono ricavate per astrazione tanto dalla storia della natura come da quella della società umana. Esse non sono appunto altro che le leggi più generali di entrambe queste fasi dell’evoluzione, e del pensiero stesso. Esse, invero, si riducono fondamentalmente a tre: la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa; la legge della compenetrazione degli opposti; la legge della negazione della negazione. Noi non vogliamo qui redigere un manuale della dialettica, ma solo dimostrare che le leggi dialettiche sono leggi reali dell’evoluzione della natura e che quindi sono valide anche per la ricerca scientifica teorica”. (Dialettica della natura).

La distanza tra i due pensatori non poteva essere maggiore. Lukács la coglie. Fu questa la sua colpa. La lettura di questo intramontabile libro lascia anche oggi il segno di tutti i tentativi concretamente diretti a fare chiarezza.