Filosofia contro Accademia. Montaigne, Schopenhauer, Nietzsche, De Unamuno

Fernando Savater
pp. 160 – Il melangolo – Genova 1994
- ESAURITO -

La filosofia non vive soltanto racchiusa nelle grigie aule delle Università, non è solo un rimescolio degli stomaci ingombri dell’Accademia, se ne sta spesso appartata,
corteggiata da pensatori che per molti motivi non hanno nulla a che vedere con le istituzioni. La vicenda del dire, anche del dire filosofico, non può accampare diritti di supremazia, fondando una ricerca della verità al di fuori dell’impegno. I buoni professori di filosofia con le loro pantofole, le beghe da cortile dell’Accademia, le questioni di carriera, le citazioni in bell’ordine, le mediazioni del loro mestiere, le loro suscettibilità e i loro opportunismi, continuano ad avere una bella faccia tosta nell’autoconsiderarsi cercatori di verità. La situazione sarebbe comica se non fosse tragica. Per il taoista Ge Hong, il buio del buio è la porta del profondo.

Savater, contraddizione in termini, è un professore universitario di filosofia, lavora a Bilbao ed è nato a San Sebastian. Eppure questo piccolo libro è destinato a quattro pensatori che non ebbero mai modo di insegnare filosofia nelle università.
Michel de Montaigne non è un relativista, è uno scettico. Non è quasi mai bloccato dalla disperazione o dal desiderio di morte, afferma a volte delle banalità ma lo fa sempre con una punta di ironia e come sospendendo il giudizio, mettendo tra parentesi il mondo nella sua complessa coesione di opposti.

Nelle sue note di Dresda del 1816 Schopenhauer scrive: “A me accade quasi sempre con gli uomini quel che accadeva a Gesù quando richiamava i discepoli: essi dormivano”. Egli irride alle intenzioni di conquista e di gloria. L’uomo per lui è un espediente melodrammatico, una scimmiottatura della perfezione, un’accozzaglia di accadimenti che nessuna musica collante può rendere comprensibile. Non c’è un modello mirabile, un riferimento che non risulti alla fine accomunando e rappezzato di titubanze.

L’ideale di non essere nato è il riferimento semisimbolico di tutto il suo pensiero, che sottintende in questo modo il risultato negativo di una esplorazione durata tutta la vita.

Seguendo il suo maestro, per Nietzsche il calcolo delle utilità è risibile, non garantisce né una corrispondenza del fare al pensato preventivo, ai calcoli e alle misurazioni, né una efficacia successiva che sia ricollegabile con quanto prima calcolato. L’utilitarista crede nelle sue previsioni e se ne persuade, niente può corrompere la sua credenza, anche se la conclusione del discorso di Nietzsche non è eccepibile in qualsiasi modo. Il valore di ogni considerazione preventiva è inficiato a priori dalla presenza di elementi casuali che non possono costituire parte di quell’indice di valutabilità che l’utilità impone alla scelta. La critica della prevedibilità oggettiva non poteva essere più radicale. Le istituzioni navigano lontane, prigioniere della loro utilità per l’appunto istituzionalizzata.

Miguel de Unamuno scrive : “Questo dubbio cartesiano, metodico o teorico, questo dubbio filosofico da stufa, non è il dubbio, non è lo scetticismo, non è l’incertezza di cui parlo qui, no! Quest’altro dubbio è un dubbio di passione, è l’eterno conflitto fra la ragione e il sentimento, fra la scienza e la vita, fra la logica e la bioetica. Perché la scienza distrugge il concetto di personalità riducendolo a un complesso in continuo flusso di momenti, cioè distrugge la base stessa sentimentale della vita dello spirito che, senza arrendersi, si rivolge contro la ragione”. De Unamuno non accetta le precauzioni metodologiche di Descartes, che definisce imbrogli da mettere insieme al caldo della stufa, nei riposi tra una campagna militare e un’altra. Notazione peraltro abbastanza vicina alla realtà.

Savater ha avuto in questo lavoro la felice ideale di mettere questi autori uno vicino all’altro senza cercare di prevaricare le loro tesi con un confronto che inevitabilmente sarebbe sfociato in una graduatoria di merito.

La scelta di letture successive e le preferenze di gusto filosofico sono così lasciate ai lettori.