Peter Sloterddijkpp. 430 - Garzanti - Milano 1992
-ESAURITO-
All’offerta di Alessandro il Grande di fare qualcosa per Diogene, il filosofo dall’interno della botte che gli serviva da abitazione, risponde che sì, in effetti poteva fare qualcosa, e cioè spostarsi un poco perché dove si trovava gli impediva di godere della luce del sole. Questo aneddoto, forse falso, riassume la forza della filosofia cinica, estrema e non sempre capita.
Sloterdijk tenta di studiare, e vi riesce bene, i rapporti tra cultura e apparati di potere. Troppo accondiscendimento, troppo desidero di guadagnarsi la pagnotta, troppo servilismo. Difficilmente un dotto potrò fare un discorso di libertà concreta dall’interno delle istituzioni. Deve buttare la toga accademica alle ortiche. Quanti sono in grado di farlo? Pochi, il numero è tanto esiguo che risulta ridicolo.
L’effetto dirompente dell’antico cinismo era almeno più radicale, con il suo comportamento irriverente, principalmente nel campo della sessualità, metteva in ridicolo una società che seppure remota alle miserie di oggi, aveva i suoi problemi di ortodossia religiosa e di perbenismo morale.
Di certo Alessandro desiderava essere al posto di Diogene.
Diogene di Sinope, l’uomo cane, il filosofo buono a nulla.
E poi Nietzsche. “Aguzzo e soave, rozzo e fine, fidato e strano, sudicio e puro, un convegno di folli e saggi, io sono tutto questo e voglio esserlo, colomba e, insieme, porco e serpente”. Questi paradossi, segnati con puntigliosa esattezza da Nietzsche, indicano una contrattura fisica, una sofferenza, non un semplice esercizio della parola. In fondo si tratta di uno sforzo penoso da vedere, un prodotto del contagio che la vita subisce a opera della letteratura. Eppure non è un ingenuo tentativo di ingannare, al contrario è la medesima sofferenza che qui parla.
Il dolore e la sofferenza inflitta ai più innocenti non possono essere compensati a questo mondo. Dostoevskij lo sottolinea a lungo. Raskol’nikov è morto prima del tempo, la sua camera è un anticipo della sepoltura. Ippolito nell’Idiota va incontro a un orribile deperimento. Svidrigailov e Stavrogin si aggirano in un tempo e in uno spazio privo di punti di riferimento. Le regole si sono eclissate, ma il mondo rimane lo stesso mostro di prima, in più con una fame assurda di catene e di controllo.
Questo libro è una immensa miniera di suggestioni imprevedibili, di sorprendenti paralleli, di scoperte impensabili. Decisamente una lettura per spiriti inquieti.