Stravinsky

André Boucourechliev
pp. 396 – Rusconi – Milano 1984
- ESAURITO -

Un libro per capire Stravinsky, per accostarsi a una musica che fin dal primo suo apparire ebbe a suscitare non solo un successo quasi universale, ma anche una serie infinita di equivoci e di controversie.

Si tratta di una meteora che seppure si inserisce nello svolgimento storico della musica del XX secolo, e quindi ne segue le vicissitudini di “rottura” e di “contrapposizione” ai canoni del neoclassicismo, resta pur sempre un qualcosa di avulso. René Char ha scritto che l’eredità di Stravinsky non è assistita da alcun testamento.

Senza volersi chiudere in questi tecniche c’è da dire, come avviso, al lettore che la musica di Stravinsky resta un messaggio di perenne modernità. Una delle sue più grandi qualità è stata quella di non farsi “completamente catturare” dagli schemi seriali, spezzandoli e ritrovandoli in un movimento creativo che ha dell’incredibile.
La sagra della primavera è certo la sua opera più grande ed anche quella che più di tutte le altre colpisce l’ascoltatore sia quello provveduto che quello meno provveduto. Se, in questo lavoro, osservo bene il problema della velocità, posso fare interessanti paragoni con quello delle pause musicali. La rottura con il mondo deterministico del secolo precedente diventa quasi generalizzata, oltre che dilagante. Qui mi interessano due notazioni riguardo la velocità nella esecuzione musicale e il problema delle pause. Fra i diversi esperimenti di scioglimento e distruzione dei metri sinfonici tradizionali c’è questo de La sagra della primavera, grandioso. Nel corso di questa composizione ci sono cambiamenti di ritmo, quindi di velocità di esecuzione, che non si erano mai visti prima in una composizione sinfonica. Nelle prime trentaquattro battute della Danza sacrale il metro si modifica circa ventotto volte. Nel finale, volendo descrivere il significato sacrale della morte, l’orchestra diventa quasi un’unica percussione con strumenti a fiato stridenti, corde pizzicate, corni che squillano e, al di sopra di tutto, timpani, bassi, tamburi e cembali in un insieme musicale che vuole dare il senso del selvaggio. A prescindere dal fatto, discutibile, del valore tecnico e delle possibilità esecutive del pezzo in questione nell’ambito concertistico contemporaneo, c’è da dire in che modo possa essere interpretato il valore di quella intenzione selvaggia dell’autore. La partitura è quella che è, per non parlare della coordinazione con i danzatori che hanno anche loro il problema della esecuzione tecnica e della interpretazione artistica. Qua si tratta di una ricerca personale alla quale la partitura, in senso stretto, può dare un contributo solo parziale. E questa ricerca è ancora più consistente proprio a causa delle maggiori possibilità che un testo del genere offre agli esecutori, i quali possono liberarsi verso una interpretazione capace di cogliere meglio il territorio della cosa, quindi di penetrarvi allo scopo di fissare gli elementi immaginativi della tensione.

La realizzazione di questa musica avrà costantemente i suoi problemi di percorso, le sue incertezze, le sue titubanze nell’uso del senso che riesce a fare filtrare, e ciò nello stesso tempo in cui l’impiego di questi strumenti e il loro operare così insicuro e pieno di perplessità producono una situazione valutativa di maggiore e più consistente fermezza. C’è nelle composizioni musicali di Stravinsky una corrispondenza armonica di struttura che può essere mascherata quanto si vuole ma non può sfuggire al destino dell’oggetto manufatto, della produzione modificativa della realtà. Il compito dell’oggetto musicale appare quindi quello di manifestare ciò che si pensava dovesse restare segreto, insomma una sorta di effrazione volontaria, un artificio che comunque resta nascosto dietro una naturalezza da manuale. I trucchi della tecnica, a esempio l’accordo di settima diminuita di cui aveva parlato anche Beethoven, servono a questo nascondimento. Così, la musica, considerandola più attentamente, pure lasciando intatto l’impianto oggettuale di una menzogna, viene presentata come l’unica verità, lontana da utilità e interessi.

Non è vero, ovviamente, ma è senz’altro entusiasmante.