Racconto del 5744

Ferruccio Fölkel
pp. 80 – Studio Tesi – Pordenone 1987
Prezzo di copertina € 11,40
Nostro prezzo € 5,70

L’originalità e l’interesse di questo libro non risiede nell’espediente letterario di fronteggiare una pagina poetica con una di prosa. Anche se non frequente, questa soluzione non può considerarsi né efficace né produttiva di ridondanze significative. Qual è la distinzione tra poesia e prosa? Domanda che più o meno travaglia gli uomini da migliaia di anni.

Altra è la valenza del tentativo di Fölkel, ed altro il compito che viene chiesto ad una lettura attenta, non solo quindi un qualsiasi divertissement. La sottile trama è segnata dal dolore, e questo sentimento, a volte disgregante, qui costituisce un elemento di coesione, nel groviglio ardito dei ricordi, delle confessioni e della analisi pacate ma inflessibili.

Il dolore dai mille aspetti sconosciuti domina la vita dei mortali che comincia con pena e non cessa in modo alcuno i travagli. Nel vuoto accecante si possono cogliere le presenze dell’ombra, dove si celano le Madri. Fölkel traccia rapido le parole sul duplice lembo della sua tessitura. “Leggo il fascinoso Qohelet / e insieme a lui rifiuto le illusioni”.

Hans Jonas. Accanto a obiezioni di carattere logico e ontologico al concetto di una onnipotenza divina, assoluta e illimitata, vi è anche un’obiezione di carattere teologico e genuinamente religioso. La onnipotenza divina può coesistere con la bontà assoluta di Dio solo al prezzo di una totale non comprensibilità di Dio, cioè dell’accezione di Dio come mistero assoluto. Concedendo all’uomo la libertà, Dio ha rinunciato alla sua potenza. Infatti la presenza del male implica una libertà con autonomo potere di decisione anche nei confronti del proprio creatore, e oggi i termini con cui deve misurarsi la teologia ebraica sono l’esistenza e il successo del male quale oggetto della volontà umana e non più le disgrazie e le tribolazioni che provengono dalla cieca causalità naturale, Auschwitz e non più Lisbona. Solo con la creazione dal nulla posso avere l’unicità del principio divino in uno con la sua autolimitazione, che dà spazio all’esistenza e all’autonomia di un mondo.

Jonas entra dentro la specificità del male assoluto e lo distingue dal generico colpo di mazza, Auschwitz non è il terremoto indiscriminato di cui ha parlato tanto efficacemente Voltaire, ha una sua logica interna, nuda e cruda, che non vuole stimolare niente, non incita al male ma è piena di sé, completamente presupposta nelle condizioni modificative, produzione e prodotto nello stesso tempo. Dio tace, la mia sensibilità capace di cogliere la sua voce tace parimenti. Posso scuotere questo gioco negativo, e nello stesso tempo positivo, solo agendo, andando verso la cosa e industriandomi di parlarne.