Del sentimento tragico della vita

Miguel de Unamuno
pp. 287 – ES – Milano 2003
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Una delle opere più affascinanti della filosofia del Novecento. Una delle opere più importanti del filosofo del contrasto e dell’ambiguità. Don Chisciotte e Sancio nello stesso tempo, paladino dell’assurdo e desideroso della felicità terrena, di questa felicità non di un possibile e ambiguo rinvio al paradiso dei giusti.

Egli scrive: “Né vale in questo caso quell’espediente ripugnante e volgare che hanno inventato gli uomini politici, più o meno parlamentari, e che si chiama formula di concordia, in modo che non ci siano né vincitori né vinti. Non è qui il caso di transazioni. Forse una ragione degenerata e vile potrebbe arrivare a proporre una tal formula di accomodamento, perché in realtà la ragione vive di formule; ma la vita che è informulabile, la vita, che vive e vuol viver sempre, non accetta formule. La sua unica formula è: o tutto o nulla. Il sentimento non transige con mezzi termini. Initium sapientiae timor Domini, si disse, volendo forse dire, timor mortis o timor vitae che è lo stesso. Il principio della sapienza è sempre un timore”.

È la vita il suo punto di partenza, l’alimento sconvolgente della religiosità mistica di un pensatore profondamente agnostico. Non per niente cita i due versi di Leopardi: “Perì l’inganno estremo / ch’eterno io mi credei”.

Pagine incredibili che scuotono l’animo di chi le legge: la carne e il sangue, la tragedia delle contraddizioni quotidiane, la gabbia carceraria dentro cui tutti noi ci dibattiamo senza accorgercene, l’anima che continuamente sbatte le ali per prendere il volo impossibile.

Anticipatore dell’esistenzialismo? È stato detto anche questo. Non sembra, almeno nel senso del nullismo tedesco. Forse della versione positiva italiana, ma quale distanza da un Abbagnano. Ecco come piglia in giro la filosofia, anche esistenzialista: “Ma non credo che sia del tutto nel vero il fratello Kierkegaard, perché lo stesso pensatore astratto, o pensatore di astrazioni, pensa per esistere, per non tralasciar di esistere, o forse pensa per dimenticare che dovrà tralasciar di esistere. Tale è il fondo della passione del pensiero astratto. E forse Hegel s’interessava così infinitamente come Kierkegaard alla sua propria, concreta e singolare esistenza, benché, per mantenere il decoro professionale di filosofo dello Stato, lo tenesse celato. Esigenze della carica!”.

Nessuno resterà come prima, intonso nelle sue certezze, dopo la lettura di questo libro.